Indietro nel tempo

GLI ESSENI

LA SETTA DI QUMRAN

LA COLLOCAZIONE AMBIENTALE.

Loro centro fu la regione dell’Engaddi presso il Mar Morto.

LE ORIGINI

Gli Esseni, cioè la gente di cui si parla  nei rotoli rinvenuti  nel 1947 a Qumran, rappresentano uno degli aspetti più straordinari della storia d’Israele all’epoca del Secondo Tempio. Essi certamente possono essere considerati veicolo fondamentale per arrivare alla comprensione dei problemi del genere umano in generale e del popolo d’Israele che risiede a Sion in particolare.

All’interno delle grotte di Qumran furono ritrovati interi rotoli e frammenti di essi (in parte già pubblicati) che ci consentono di avere un quadro preciso di questo particolare gruppo giudaico, che emerse da un più vasto movimento spirituale teso all’escatologia (parte della teologia che ha per oggetto l’indagine sugli stadi finali  dell’uomo e dell’universo) e alla redenzione; una setta che amava scrivere e raccogliere libri.

Sono stati rinvenuti anche frammenti dei libri apocrifi che, consentendo un percorso a ritroso nel tempo, permettono collegamenti fondamentali per la generale comprensione.

Già i primi scopritori dei rotoli, in particolare il prof. Sukenik, si convinsero che la Setta dei Rotoli e il gruppo degli Esseni fossero la medesima cosa.

Conoscevamo comunque gli Esseni già prima della scoperta dei rotoli, attraverso gli scritti di autori antichi.

Il nome Esseni non compare nei rotoli. Essi sono citati in greco come Essaioi,  in latino come Essaei  ed in Ebraico come Isi’im ( ma quest’ultima non ha base nelle fonti primitive, deriva infatti dalla trasformazione del termine latino operata dallo studioso ebreo-italiano Azariah Dei Rossi – 1575-).

Sul significato della parola Esseni si sono fatte nel corso del tempo numerose congetture: l’autore dell’opera giudaica Josippon riteneva, più di mille anni fa, che la forma latina potesse derivare  dall’ebraico  hasidim, cioè<< pii >>. Secondo altri il nome veniva dal’aramaico asia, vale a dire “medico”.

I rotoli vengono così ad illuminare oggi gli antichi resoconti  sugli Esseni, rendendo possibile una integrazione che conduce alla comprensione.

Tra i rotoli non vi sono solo opere di autori Esseni, dunque è presumibile che l’essenismo sia emerso da un più ampio movimento.

Gli esseni erano impegnati nella meditazione dei misteri ultimi di Dio e studiavano la Bibbia per trovarvi il proprio ruolo nella storia del mondo. Composero opere di esegesi biblica e organizzarono quella che possiamo definire la prima società di tipo “socialista”, di cui ci sia giunta  notizia.

L’ipotesi che la setta dei Rotoli  fosse quella degli Esseni non fu subito accettata: alcuni studiosi presupposero di identificare o assimilare la setta dei Rotoli con vari gruppi giudaici dello stesso periodo, altri giunsero addirittura a riconoscere nei rotoli composizioni cristiane (cosa impossibile), altri ancora  volevano identificarli con i Farisei, sulla base di una certa rassomiglianza tra i modelli organizzativi delle due strutture sociali (anche questo impossibile, date le loro specifiche peculiarità: persino il loro calendario solare differiva dal calendario ebraico).

Qualcuno poi li volle assimilare agli Zeloti, cosa questa assolutamente improbabile, viste la loro inclinazione all’isolamento dal resto del popolo e la mentalità pacifista.

L’ISOLAZIONISMO DEGLI ESSENI.

Il ruolo della setta nella società del tempo, la sua organizzazione e le sue idee sono proprie di un gruppo  che pratica l’isolamento e che ha maturato una propria precisa opinione del mondo: una sorta di sistema di pensiero caratterizzata da  estremismo, riduzionismo e anche da una certa misura di distorsione che li porta a porre in una luce molto particolare i temi riguardanti Dio e il popolo ebraico.

Ci troviamo di fronte ad una setta estremamente separatista. I suoi membri differivano in modo sensibile dagli altri Ebrei, nonostante mantenessero ovviamente una comunione di idee sui principali filoni di pensiero dell’epoca, quali ad esempio l’esegesi midrashica della Scrittura, la tensione escatologica, l’idea di Popolo eletto. Proprio su quest’ultimo punto, tuttavia, gli Esseni si distinguevano dal resto degli Ebrei, ritenendosi “il vero Israele”.

Essi avevano una grave questione da fronteggiare: come dovevano essere considerati tutti gli altri Ebrei? Sarebbero stati tutti condannati da Dio, o la maggioranza di essi avrebbero riconosciuto alla fine la supremazia degli Esseni. Una visione particolare dunque, in virtù della quale bisognava, da una parte, preservare l’isolazionismo, alimentando, dall’altra, la speranza che la maggior parte del popolo si sarebbe unita  a loro nell’ “Ultimo Giorno“.

Ma gli Esseni andarono oltre considerandosi “il” popolo ebraico, quello scelto, quello eletto, le cui orme tutti avrebbero dovuto seguire, per non cadere nel baratro dell’eterna perdizione.

Questo atteggiamento originò così una particolarissima struttura sociale di vita, definibile al tempo stesso comunitaria e  isolata.

Nella grotta n. 7 sono stati trovati frammenti in lingua greca di scritti appartenenti a Ebrei della diaspora ellenica, unitisi agli Esseni in comunione di vita  e di dottrina. Questi ebrei hanno grande importanza, in quanto sono stati il veicolo di diffusione delle idee essene in tutto il mondo antico.

Ecco allora un paradosso veramente straordinario: l’ammirazione e la larghissima fama di cui godeva, sia nel mondo giudaico che non giudaico, questo gruppo estremamente esclusivo e antisociale, che, ad esempio,  vietava l’accettazione di doni senza il consenso dei superiori e le cui dottrine erano tanto segrete da far si che venissero scritte in codice o che faceva dell’inimicizia verso gli estranei un comandamento religioso.

FARISEI, SADDUCEI ED ESSENI.

Nonostante che la letteratura talmudica sostenga che in Israele esistessero ventiquatro sette attive, in base ad una equilibrata analisi  della società giudaicaed a quanto riferito dal sacerdote Giuseppe (eminente storico di quel periodo), si può ragionevolmente asserire che in realtà esistessero soli tre gruppi: i Farisei, i Sadducei e gli Esseni.

Relativamente alle altre sette, se si prendono in esame in modo accurato le abbondanti informazioni ricavabili dalla letteratura apocrifa, da Giuseppe, dai Rotoli e dalla vasta letteratura talmudica, ci si rende conto che i vari raggruppamenti di minori proporzioni erano variamente collegati ai tre gruppi principali, oppure ne costituivano comunque una derivazione.

L’EPOCA DELLA SETTA DEI ROTOLI.

Il nome del fondatore della setta essena è ancora a tutt’oggi sconosciuto: in base a quanto scritto nei rotoli si sa solo che fondò la città – vale a dire la setta – e che il suo appellativo era “Maestro di giustizia”.

Il capo dei Farisei invece è citato come lo “Schernitore”; la parola “Fariseo” non compare mai, al suo posto troviamo “Schernitore” o “Divulgatore di Menzogne”. Tra i Sadducei troviamo il “Sacerdote Malvagio” o il “Leone d’Ira”, anche se sarebbe opportuno chiarire se le due figure coincidano.

Intorno alla data di nascita della setta essena si sono sviluppate diverse ipotesi: studiosi cattolici e anche protestanti asseriscono che tutti e tre i gruppi (Farisei,  Sadducei ed Esseni) si formarono al tempo di Giona, vale a dire intorno al 140 prima dell’era cristiana; un periodo che appare francamente precoce.

E’ anche possibile che uno dei tre gruppi sia sorto in quel periodo, ma lo stesso Giuseppe menziona per la prima volta gli Esseni in concomitanza con Aristobulo I, cioè intorno all’anno 100.

Il primo rappresentante Esseno di cui egli fa cenno è Giuda l’Esseno, il quale, anche in  considerazione di alcune coincidenze particolari, non è da escludere che fosse proprio il “Maestro di Giustizia” fondatore della setta.

Un ulteriore indizio contro la datazione degli Esseni al 140, emerge dalle valutazioni degli studiosi impegnati a Qumran, i quali hanno fatto risalire i primi insediamenti Esseni all’incirca all’epoca di Aristobulo I.

Appare pertanto sufficientemente plausibile ipotizzare che il primo Esseno, il profeta che interpretava i “Profeti” (Giuda l’Esseno) vivesse a Gerusalemme, nel periodo tragico intorno all’anno 100.

Quando predisse la morte di Antigono (una delle cause per le quali gli Esseni avevano fama di essere dotati del “Dono di Profezia”) egli viveva ancora a Gerusalemme, da cui poi la setta si allontanò per stabilirsi principalmente in Ein Gedi, in Qumran, dove iniziò la sua febbrile attività intellettuale.

LA VITA QUOTIDIANA DELLA SETTA E LA SUA ORGANIZZAZIONE.

Gli Esseni secondo Plinio, scrittore romano, erano considerati come un gruppo che aveva abbandonato la vanità di questo mondo, si era elevato sulle cose materiali, aveva conseguito una conoscenza mistica e aveva rinunciato ai lussi, che erano una delle piaghe del mondo antico.

Isolati tra le palme da dattero, tenevano le proprietà in comune e non si sposavano, rimanendo così lontani dalla “malvagità intrinseca” dell’attività sessuale.

Vivevano una speciale santità ed erano, al tempo stesso, persone felici: << un’intera città di gente felice vicino al Mar Morto>>, scrive Dione Crisostomo, un membro della scuola cinica che disdegnava la civilizzazione.

Tuttavia a modificare quanto asserito dagli autori contemporanei, che possono apparire un po’ troppo  idealizzanti, intervengono i reperti della letteratura essena fino ad ora pubblicati.

In base a quanto vi si può apprendere risultano confermate le informazioni base, ma il tono cambia:

gente tenace che lascia il mondo sociale, ma non esattamente per un anelito di radicale pacifismo, come vuole la descrizione abituale.

Gente pacifica che al tempo stesso si preparava per la guerra di distruzione totale, una rivoluzione mondiale nella quale essi sarebbero stati l’elite di Israele.

D’altro canto gli scritti confermano la loro considerevole organizzazione sociale. Se potessimo idealmente far visita a Qumran, noteremmo la bellezza dell’insediamento isolato dal mondo, provvisto di una torre  e di zone per le abluzioni, dove essi si recavano quotidianamente, al fine di mantenere la loro purità rituale e per sottolineare il loro stile di vita separato.

Il concetto di proprietà comune dei beni, fatto unico per quel tempo, si può supporre che possa essersi originato da due motivazioni: in primo luogo per la necessità di mantenere un livello comune di purità, per non essere cioè coinvolti in faccende di denaro nei rapporti reciproci; in secondo luogo, e questa probabilmente è da considerarsi la motivazione fondamentale, perchè la comunione dei beni semplicemente si legava all’impianto ideologico del gruppo.

Questa società che ci appare egualitaria, in realtà lo era solo limitatamente alla comunione dei beni. Elemento, questo, proprio di quel disprezzo per le proprietà materiali che li spingeva  a tenerle in comune.

Gli Esseni si dedicavano alla coltivazione di piante da dattero, alla produzione di miele, alla coltivazione della terra, in quanto pertinente al loro stile di vita.

Un aspetto estremamente interessante è rappresentato dalla differenziazione tra beni di possesso comunitario e proprietà altrui. Nel trattare affari con gli esterni erano di una tenacia assoluta.

Chiunque aderiva alla comunità doveva cedere ogni sua proprietà: era addirittura in vigore la proibizione di far doni ai parenti, senza il preventivo permesso dei responsabili della comunità.

Qualcuno asserisce che  gli Esseni non si unissero in matrimonio. La teoria più accreditata vuole tuttavia che i matrimoni fossero celebrati per coloro che ritenevano di salvaguardare la continuità della razza umana. Comunque fosse, un fatto è certo, tra gli Esseni vigeva la monogamia, che a differenza  degli Ebrei, consideravano come una legge. L’origine del costume monogamico era legata all’impossibilità del divorzio.

Gli Esseni dunque, come già accennato, vivevano in un regime di comunione dei beni e nell’isolamento dagli “uomini malvagi”.  A tale proposito vi erano degli “ispettori” o “supervisori” che erano preposti all’amministrazione delle proprietà comuni. Essi avevano il potere  di elargire doni ai poveri e di accogliere gli ospiti. E questo rappresenta un vero e proprio paradosso: consideravano infatti in modo ostile gli estranei, ma ricevevano senza limiti i visitatori.

Gli ispettori avevano anche il compito di accettare nuovi membri, classificandoli secondo un grado. Il posto occupato da ciascuno era in relazione al livello della fede e delle opere: si trattava dunque di una società egualitaria e gerarchica al tempo stesso.

Questa gerarchizzazione, che dipendeva ovviamente anche dal rango, via via divenne sempre più complessa, causa la sempre maggiore differenza che si venne a creare tra sacerdoti e membri ordinari.

I personaggi più importanti erano i sacerdoti della stirpe di Zadok. Notevole era anche il potere posto nelle mani del “supervisore”, responsabile dell’ingresso dei neofiti. I supervisori erano gli unici di nomina elettiva in un contesto di status personale. Probabilmente ciò offriva anche la possibilità di porre un correttivo all’ordine gerarchico della setta.

I loro pasti comuni erano celebri: i sacerdoti preparavano il cibo, così da garantirne la purità rituale, e pronunciavano le prime benedizioni. Consumavano cibo sobrio, con una sola portata accompagnata da pane, rimanendo in profondo silenzio. Il pasto esseno aveva l’atmosfera del tempio.

LA SETTA ED IL RESTO DI ISRAELE

Siamo di fronte ad un gruppo chiuso, caratterizzato da un sistema ideologico molto particolare e ben strutturato; un gruppo che non si identifica con il resto della nazione.

Così come più tardi fece la Chiesa, il gruppo si percepiva come espressione dell’unica vera religione esistente e il mondo che non accoglieva la sua fede, i suoi insegnamenti, il suo stile di vita, era destinato alla perdizione. Pensavano inoltre che il principio di selezione e isolamento fosse presente fin dagli albori della storia di Israele.

Questo determinò la posizione degli Esseni nel mondo e l’influenza che essi esercitarono in seguito, in particolare sul Cristianesimo.

Nella visione essena del mondo vi è comunque qualcosa di rivoluzionario. Ciò emerge anche dal loro ideale di povertà, che si esprimeva nella comunione dei beni. Il loro disgusto per la ricchezza è connesso a un principio di opposizione verso la figura del ricco.  La ricchezza, quella personale ovviamente, interferisce a loro avviso con l’elezione divina.

Disprezzavano i pagani, ma affermavano al tempo stesso che la malvagità degli ultimi sacerdoti asmodei era causata dall’accumulo delle ricchezze.

Tra elezione e rivoluzione vi è evidentemente tensione interna. Si può supporre che colui il quale si considera eletto, non sarà particolarmente sensibile ai problemi del mondo. Così gli Esseni trovarono a questi problemi soluzioni appropriate, in linea con il loro ristretto punto di vista e le loro idee rivoluzionarie si espressero attraverso la negazione di ogni cosa: l’ordine mondiale; il credo della nazione; persino il Tempio che essi rifiutarono, volgendo le loro speranze e i loro desideri ad un Tempio idealizzato.

Erano molti i fattori di netta distinzione rispetto agli israeliti: gli Esseni possedevano un’HALAKHAH  non solo speciale e settaria, ma anche estremamente conservatrice.

A prima vista potevano essere riconosciuti – come più tardi sarà per alcune sette cristiane estremiste- per il loro procedere ad occhi bassi, il loro particolare comportamento e i loro abiti bianchi.

La setta si auto-isolava  e sviluppava idee rivoluzionarie: si trattava non solo del rifiuto di ciò che esiste al mondo ma, di fatto, del desiderio della sua distruzione.  Gente ritenuta pacifista, che rifiutava di militare nell’esercito, mirava in realtà a conquistare la terra di Israele.

Dal loro punto di vista non esisteva dunque contraddizione tra separatismo esasperato e convinzioni bellicose.

LA DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONE

Quando affermo che domani farà caldo, deduco ciò da segni che mi fanno prevedere cosa potrà accadere. Ma se Dio sa che un certo giorno farà caldo o che qualcuno sarà ucciso o nascerà, allora la sua conoscenza corrisponde anche a ciò che Egli stesso ha preordinato. Secondo logica quindi Dio conosce ogni cosa in anticipo.

Anche io posso comprendere in anticipo che una coppia divorzierà se sono in grado di  interpretare certi segni indicativi, ma questa conoscenza non determina gli eventi. La determinazione degli eventi  non è sotto il mio controllo, mentre la prescienza di Dio è anche pre-determinazione.

Questa in sostanza è ciò che noi definiamo “la dottrina della predestinazione”,  la grande idea di fondo che il Maestro di Giustizia degli Esseni sembra aver consegnato al mondo e che si stacca nettamente da quelle di analoghi movimenti del tempo. Un principio per il quale tutto appare predeterminato da Dio e quindi immutabile.

Un idea che consente agli Esseni di considerarsi gli eletti di Dio, di percepire la setta come “Città di Dio”, concetto questo che dopo Calvino viene ripreso dalle moderne sette cristiane, per le quali la dottrina della predestinazione diventa strumento primario  per fondare l’ideologia della “Città di Dio”; conclusione logica, quantunque irrealistica, dell’idea dell’unico Dio visto come Causa Prima.

I Farisei, ad esempio, credevano nella provvidenza, non nella predestinazione, e ritenevano che le cose potessero mutare: Dio vede tutto e decide su tutto, ma l’uomo può operare variazioni nella sfera del bene e del male. Dio quindi, nei confronti di  un uomo che si pente, può modificare il suo proposito e non punirlo. Gli Esseni  in questo caso, in virtù della loro convinzione sull’immutabilità delle decisioni divine,  avrebbero invece considerato anche il pentimento come predeterminato.

IL CONFLITTO TRA SPIRITO E CARNE

La fede dualistica nella predestinazione è punto fondamentale per la comprensione dell’universo esseno.

Tale fede deriva da una precisa concezione dell’onnipotenza di Dio e del suo governo universale.

Una convinzione collegata con l’idea di un’elezione esclusiva e fondata sulla divisione tra malvagi e giusti, a cui corrispondevano non solo due generi di uomini – gli amati Figli della luce e gli odiati Figli delle tenebre – ma anche due generi di esseri spirituali o angeli – chiara qui la corrispondenza tra il diavolo e l‘angelo dei cristiani.

Dualismo che tuttavia si sarebbe risolto nella Guerra della Fine dei Giorni, dove il malvagio sarebbe stato sconfitto e il giusto sarebbe sopravissuto.

Gli Esseni chiamarono carne l’elemento cattivo: fonte causale di impurità permanente, legata alla stessa condizione terrena, dalla quale non si poteva uscire con la purificazione o il pentimento come per l’impurità rituale, ma solo grazie alla chiamata divina.

Questo schema può essere definito un dualismo stratificato, consistente in una specie di divisione orizzontale al di sotto della quale si trova l’uomo in quanto tale, mentre sopra sta Dio, che nella sua bontà infinita innalza il suo eletto, dandogli come dono gratuito il suo spirito santo e purificatore.

I due concetti: l’uomo come elemento corrotto e l’idea di elezione, ricorreranno poi, con forme e sfumature più o meno accentuate, nel complesso delle correnti del cristianesimo.

L’IDEA DI UOMO E DI STORIA UMANA

L’essere ebrei che vivevano in una comunità chiusa di eletti e il porsi in modo unilaterale di fronte alla natura umana, erano i principali fattori del particolare traguardo spirituale degli Esseni.

Essi attendevano per la fine dei giorni la correzione del male, il lavacro dal peccato mediante il battesimo dello spirito, la purificazione della carne, il ritorno dell’eletto allo stato precedente il peccato originale e il recupero della gloria perduta da Abramo.

La singolare prospettiva teologica, nonchè la posizione assunta riguardo al mondo circostante, portò gli Esseni a formulare la convinzione che il  processo evolutivo dell’avventura umana si fosse sviluppato in vari stadi.

Pertanto, ritenendo di appartenere ormai all’ultima generazione, svilupparono, in modo totalmente dissimile da quello biblico, una loro storia di salvezza comprendente differenti tappe, cui essi partecipavano, interpretando le azioni dei padri come segno per i figli, intendendo che quanto la Bibbia afferma come avvenuto nel passato è allusivo di ciò che accadrà in futuro.

L’esegesi bibblica costituì un punto centrale di interesse per la setta. Ecco un altro clamoroso punto di contatto con il Cristianesimo, che, per l’appunto, fece proprio il metodo esegetico.

Evidentemente anche la posizione rispetto al tema del “TEMPIO”appariva specifica e singolare: essi affermavano l’illegittimità del tempio, non solo perchè chi lo governava non seguiva l’halakhah essena, ma anche per la struttura, che ritenevano non corrispondente al modello idealizzato. E’ questo,  ad esempio, uno dei motivi per cui non compivano sacrifici nel tempio di Gerusalemme, limitandosi invece a mandare doni. 

In merito ai sacrifici si tende a pensare  che fossero inclini a sostituirli in modo rappresentativo con il loro stile di vita.

Il loro pasto era una specie di atto sacrificale. Uno speciale senso di santità, tipico del tempio, accompagnava il loro pasto comune. Pare infatti evidente la connessione tra l’astensione dai sacrifici a Gerusalemme e la santità del pasto.

Il pasto giudaico prevedeva l’assunzione prima del vino e poi del pane, secondo un ordine che seguì anche Gesù nell’ultima cena. Il pasto esseno invece metteva prima il pane poi il vino, così come consuetudine nell’Eucarestia cristiana.

IL CONCETTO APOCALITTICO – LA FEDE MESSIANICA

Gli Esseni temevano che la Fine dei Giorni si stesse avvicinando.

Il fenomeno di una crisi che si spera di poter superare confidando di vincere sulle forze avverse, è qualcosa che ricorre sovente nella storia umana.

Un esempio tratto dai tempi moderni è certamente rappresentato dalla rivolta Indiana degli Stati Uniti.

Gli Indiani credevano che qualora, con l’aiuto del loro dio o dei loro dei, fossero riusciti a conquistare l’intero territorio, il paese sarebbe tornato ad essere una prateria e che tutto sarebbe ritornato alla situazione ideale precedente all’arrivo della cultura bianca.

Tali fenomeni, che sono legati al concetto di “inculturazione”, vale a dire il processo di penetrazione di una cultura estranea, implicano due componenti: un movimento messianico e apocalittico, riguardante cioè i segreti miracolosi di Dio, caratterizzato da elementi di reazione, ed una visione progressista che si genera quando elementi tecnologicamente avanzati si inseriscono nella visione della fine e della redenzione.

E’ con questa logica infatti che nel Rotolo della Guerra tra i Figli della luce e i Figli delle tenebre viene descritto il combattimento finale.

Questo approccio irrealistico è la prova di come gli Esseni avessero cognizione che la loro impossibilità di sostenere l’assalto della cultura e dell’imperialismo straniero, fosse dovuta alla propria debolezza.

Inevitabilmente si generò una  fede messianica , vale a dire  monoteista e centrata su Dio Causa Prima.

Una fede che, forte della sicurezza del lieto fine, produsse solo scenari di fine e redenzione, e condusse  gli Esseni ad interessarsi sia dei misteri della creazione, che di quelli della vita divina, come pure  della Fine dei  Giorni e della tensione ascetica.

Giunsero in tal modo a ritenere di essere in possesso di rivelazioni tanto importanti da dover essere mantenute assolutamente riservate: questo diede luogo ad una dottrina esoterica e segreta.

ESSENI E CRISTIANESIMO – ALCUNE RIFLESSIONI

1955: la grotta 7 restituì alcuni frammenti di papiro fra cui quello denominato 7Q5 e datato da alcuni, sulla base di considerazioni storiche e stilistiche, all’anno 50 circa.

Il gesuita spagnolo J. O’Callaghan, esperto papirologo, si mise quasi casualmente ad indagare il frammento in questione (da un punto di vista papirologico) e ritenne di individuare in esso, sulla base della coincidenza di alcune lettere dell’alfabeto greco, un brano del Vangelo di Marco (Mc 6-52,53), la cui traduzione in italiano è la seguente:  “…perchè non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret…

La conclusione di O’Callaghan fu rapida: il Vangelo secondo Marco non sarebbe posteriore alla distruzione di Gerusalemme (70 d.C.), al contrario, sarebbe stato scritto forse meno di venti anni dopo la crocifissione di Cristo.

Questa scoperta rappresentava un serio pericolo riguardo alla veridicità dell’interpretazione della Chiesa sulle origini storiche del cristianesimo. Già in molti, precedentemente, avevano infatti sostenuto l’ipotesi che Gesù avesse avuto relazioni molto strette con gli Esseni.

Dunque, al fine di scongiurare questo pericolo, i membri dell’Equipe Internazionale, istituita dall’Ecole Biblique di Gerusalemme, capeggiata dal famoso Padre De Vaux, formularono una interpretazione mirata, il cui scopo era quello di stabilire fin dal primo momento la totale estraneità e indipendenza della setta Qumraniana dalla comunità dei primi seguaci del Cristo.

Ed ecco le conclusioni della Equipe:

1. I testi di Qumran risalivano a un’epoca molto anteriore a quella di Gesù e, pertanto, erano estranei al cristianesimo delle origini.

2. I rotoli erano opera di un’unica comunità isolata, una “setta” eterodossa periferica, lontana dalle principali correnti del pensiero sociale, politico e religioso dell’epoca. In particolare, la setta non aveva nulla a che vedere con il nazionalismo messianico militante e rivoluzionario, rappresentato dai difensori di Masada.

3. La comunità di Qumran era stata distrutta durante la rivolta di Giudea tra il 66 e il 73 d.C., dopo che aveva nascosto i documenti nelle vicine grotte.

4. Le credenze della comunità di Qumran erano tutt’affatto diverse dal cristianesimo; dato che il “Maestro di giustizia” non era descritto come divino, non poteva essere identificato come Gesù.

5. Poiché Giovanni Battista presentava caratteri troppo simili agli insegnamenti della comunità di Qumran, non era “cristiano” nel vero senso del termine, ma “semplicemente” un precursore.

Non poteva essere formulato niente di più tendenzioso e di poco ispirato alla serenità di uno spirito scientifico autentico.

Che dire del fatto che negli scritti esseni si parla con estrema chiarezza di riti che erano comuni nell’ambito della comunità cristiana primitiva?

Il battesimo, per esempio, che gli Esseni praticavano, esattamente come i Cristiani, quale rito di accesso dei nuovi adepti nella comunità.

L’eucaristia, ovverosia la cerimonia del ringraziamento al Signore, che il sacerdote capo effettuava benedicendo il pane e il vino, che poi venivano distribuiti a tutti i commensali. 

linguaggi esseni che ricordano straordinariamente il Vangelo secondo Giovanni: “…i figli delle tenebre…” e “…i figli della luce…”.

Il divieto di giurare, espresso anche da Gesù nel Vangelo.

L’annuncio insistente della venuta del Messia, l’invito alla preparazione dei tempi in cui il Messia si sarebbe presentato, nonché l’attesa spasmodica dell’avvento del regno di Dio.

E che dire dell’argomentazione di cui al punto 4: “…dato che il “Maestro di giustizia” non era descritto come divino, non poteva essere identificato come Gesù…”?

Ma la divinità di Gesù, anzi la sua consustanzialità col Padre, è il frutto di una formulazione del Concilio di Nicea, voluto da Costantino all’inizio del quarto secolo. Come avrebbero potuto i Qumraniani anticipare di trecento anni un presupposto teologico di questo genere?

(Bruno Gandolfi)

Pubblicato da Alessandra S. Marinacci

Unitariana, scrittrice e amante del bel vivere in ogni forma: questo include gentilezza, tolleranza, amore per gli esseri viventi, Arte, Musica e prosecco.

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